cover blog M Alberini

lunedì 7 dicembre 2015

V I S T O D A L E I - "Il cronico provincialismo italiano"

Cara Mariella Alberini,
siamo completamente impreparati a sostenere la società multirazziale nella quale siamo immersi da decenni. Un fenomeno che si è già manifestato oltre cinquant’anni fa, sia pure in piccole proporzioni. E adesso nessuno sa come affrontare l’orda immane già calata sul nostro territorio…

Lettera firmata, ricevuta via e-mail

Carissimo lettore,
il proverbiale provincialismo italiano ci perseguita da sempre, ma soprattutto dal governo De Gasperi in poi abbiamo avuto, fino agli anni ottanta, Ministri degli Esteri che non parlavano alcuna lingua straniera, neppure l’inglese. Il primo che lo parlava abbastanza bene è stato Emilio Colombo.
Il cinema italiano anni cinquanta, un meraviglioso cinema in bianco e nero, sottolineava il provincialismo dell’Italietta ancora campagnola. Oggi quel cinema non esiste più: abbiamo una serie di film regionali con modesti attori e attrici che hanno la pessima abitudine di mettere in mostra soprattutto la loro generosa “mercanzia”. Peccato: nessun confronto con le grandi signore dall’abbigliamento sobrio e già internazionale del cinema inglese o americano.
L’arrivo massiccio di Eritrei e Somali in fuga dalla guerra perpetua sul loro territorio è incominciato dall’inizio degli Anni cinquanta. Venivano  assunti senza documenti come domestici e, loro sì, sovente si esprimevano in inglese e anche in italiano perché i loro padri, memori abbastanza grati dell’impero coloniale italico, glielo avevano insegnato.      
Oggi  dalla capitale in giù si perpetua una chiusura all’internazionalismo ormai diffuso in tutto il mondo occidentale in atto da anni e dovuto alla globalizzazione. Sarebbe indispensabile che Comuni, Province, Regioni, Ministero della Cultura e tutti gli altri Enti proposti si occupassero in modo dinamico di trovare una sorta  di integrazione con la società italiana per tutte le numerose etnie presenti sul territorio.
Ma non basta. Dovrebbero intervenire in modo più aggregante i Parroci per aiutare gli immigrati non solo di religione cattolica ad integrarsi con i giovani italiani. Inoltre importantissimo sarebbe responsabilizzare gli immigrati che lavorano e fruiscono del welfare italiano e invece restano fuori a pretendere, a guadagnare senza alcun senso di gratitudine nei confronti dell’Italia e degli Italiani che li assumono con lauti stipendi soprattutto nel campo della collaborazione  domestica.
Gli Inglesi hanno copiato la multinazionalità dell’Impero Romano: Britanni come Galli, Siriani come Fenici, Numidi come Bitini ricevevano in premio la cittadinanza romana se si dimostravano fedeli all’Impero.
Cives romanus sum era il massimo del vanto per i lontani sudditi di quell’Impero plurinazionale.


m.alberini@iol.it