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lunedì 16 dicembre 2013

VISTO DA LEI - "Lettera natalizia al Presidente Enrico Letta"

Egregio Signor Presidente,

Le scrivo per esternarle il pensiero di gran parte del popolo italiano e spero che lo  staff del suo Ufficio Stampa Le faccia leggere questa lettera.
Costernati abbiamo visto  calpestata la volontà degli italiani espressa con il Referendum del 1993 ed ora Lei con toni trionfanti annuncia la fine del finanziamento pubblico ai Partiti. Una fine prevista fra 4 anni ( non si sa nel frattempo cosa succederà: nuove elezioni? Nuovo Governo? Ecc…) e comunque prevede ancora l’esborso del 2 per mille a carico dello Stato. Perché? Non sarebbe più onesto devolverlo all’INPS per ritoccare le pensioni minime? Perché questa fine del finanziamento pubblico ai Partiti non inizia da subito come sarebbe indispensabile?
Lo Stato italiano continua a erogare finanziamenti: ai Partiti, ai Sindacati, alle Regioni, alle Province, ai Comuni, agli Enti inutili. Di questi finanziamenti ne scaturiscono posizioni di rendita sempre immeritate nell’ambito di quella mastodontica burocrazia che succhia tutto il sangue del nostro Paese.
Si rende conto, signor Presidente, che la parte sana e produttiva dell’Italia è stata e continua ad essere massacrata o sta cedendo le armi?
Dispiace Lei ignori e non pronunci verbo sulla crisi subita dalla parte  produttiva del nostro Paese ormai diventata la NUOVA POVERTA’. Mentre non ignora che l’aumento di tasse e di Debito Pubblico, ad oggi 2050 miliardi di euro, va ad esclusivo vantaggio dei burocrati improduttivi. E non diciamo che anche i burocrati pagano le tasse: ben diverso è pagarle su un sudato, incerto guadagno che su prebende difese da un intrico di leggi.
Gli Italiani non riescono a capire questi Suoi proclami a lunghissima scadenza che lasciano il miserevole status quo  inalterato. Perché il Suo apparente attivismo si dissolve in una sorta di inattività parolaia?
Signor Presidente necessitano idee nuove non finalizzate a eterno vantaggio dei Partiti. E’ diversa l’idea di IRI di Beneduce, che risollevò e sanò l’industria italiana, dall’idea dell’IRI di Prodi che ha lasciato macerie e cenere.
Quale speranza di sopravvivenza può dare agli Italiani continuando così?
L’Italia ha bisogno di una  nuova semina ben distribuita e sanata da una miscela di cure date da una regia umana, dedita soltanto a far germogliare e prosperare un raccolto  che scongiuri per sempre la povertà e la disperazione di chi muore di freddo perché gli staccano  l’energia elettrica o chi è costretto a suicidarsi perché, oberato di tasse,  non può pagare i suoi pochi dipendenti.
Signor Presidente questa non è più la nostra Italia, ex quinta potenza industriale: questa è una nazione senza speranza se non si interviene subito con decisioni irrevocabili.
Intanto buon Natale…A quando la prosperità…?

                                                                     m.alberini@iol.it