Egregio Signor Presidente,
Le scrivo per esternarle il pensiero di gran parte del
popolo italiano e spero che lo staff del
suo Ufficio Stampa Le faccia leggere questa lettera.
Costernati abbiamo visto calpestata la volontà degli italiani espressa
con il Referendum del 1993 ed ora Lei con toni trionfanti annuncia la fine del
finanziamento pubblico ai Partiti. Una fine prevista fra 4 anni ( non si sa nel
frattempo cosa succederà: nuove elezioni? Nuovo Governo? Ecc…) e comunque
prevede ancora l’esborso del 2 per mille a carico dello Stato. Perché? Non
sarebbe più onesto devolverlo all’INPS per ritoccare le pensioni minime? Perché
questa fine del finanziamento pubblico ai Partiti non inizia da subito come
sarebbe indispensabile?
Lo Stato italiano continua a erogare finanziamenti: ai
Partiti, ai Sindacati, alle Regioni, alle Province, ai Comuni, agli Enti
inutili. Di questi finanziamenti ne scaturiscono posizioni di rendita sempre
immeritate nell’ambito di quella mastodontica burocrazia che succhia tutto il
sangue del nostro Paese.
Si rende conto, signor Presidente, che la parte sana e
produttiva dell’Italia è stata e continua ad essere massacrata o sta cedendo le
armi?
Dispiace Lei ignori e non pronunci verbo sulla crisi
subita dalla parte produttiva del nostro
Paese ormai diventata la NUOVA POVERTA’. Mentre non ignora che l’aumento di
tasse e di Debito Pubblico, ad oggi 2050 miliardi di euro, va ad esclusivo
vantaggio dei burocrati improduttivi. E non diciamo che anche i burocrati
pagano le tasse: ben diverso è pagarle su un sudato, incerto guadagno che su
prebende difese da un intrico di leggi.
Gli Italiani non riescono a capire questi Suoi
proclami a lunghissima scadenza che lasciano il miserevole status quo inalterato. Perché il Suo apparente attivismo
si dissolve in una sorta di inattività parolaia?
Signor Presidente necessitano idee nuove non
finalizzate a eterno vantaggio dei Partiti. E’ diversa l’idea di IRI di
Beneduce, che risollevò e sanò l’industria italiana, dall’idea dell’IRI di
Prodi che ha lasciato macerie e cenere.
Quale speranza di sopravvivenza può dare agli Italiani
continuando così?
L’Italia ha bisogno di una nuova semina ben distribuita e sanata da una
miscela di cure date da una regia umana, dedita soltanto a far germogliare e
prosperare un raccolto che scongiuri per
sempre la povertà e la disperazione di chi muore di freddo perché gli staccano l’energia elettrica o chi è costretto a
suicidarsi perché, oberato di tasse, non
può pagare i suoi pochi dipendenti.
Signor Presidente questa non è più la nostra Italia,
ex quinta potenza industriale: questa è una nazione senza speranza se non si
interviene subito con decisioni irrevocabili.
Intanto buon Natale…A quando la prosperità…?
m.alberini@iol.it