Carissima
Alberini,
non le sembra
già troppo in ritardo l’eventuale progetto di utilizzo dell’area Expò?
Come al
solito il cittadino nulla sa delle elucubrazioni, regionali, comunali ecc. Si
parla di varie iniziative tutte vaghe e indefinite: tanto per cambiare. Ma ci
saranno di mezzo i soliti accordi sulle spartizioni competenti…?
Lettera
firmata, ricevuta via e-mail
Gentile amico,
la logica amministrati va vorrebbe che già dall’inizio
del progetto Expò ci fosse stato un piano preciso sulla destinazione di questo
patrimonio creato dal nulla. Non vorremmo andasse al degrado come al degrado
vanno i beni sequestrati alle varie organizzazioni malavitose: sovente ancora
utilizzate dagli ex proprietari. Siamo nell’Italia dei pozzi di San Patrizio,
dei quali non si vede mai la fine.
Sarebbe il caso che gli organi preposti, il primo
novembre, giorno di prima chiusura dell’Expò, venisse illustrato il piano
definitivo di trasformazione dell’area utilizzata per l’Esposizione mondiale.
In tal modo gli stranieri potrebbero continuare ad ammirare i lombardi per
tanta solerte efficienza. Nulla ancora si sa tranne molteplici ipotesi
di polo universitario globale fatto di atenei, campus e servizi per il
rilancio della decorosa tradizione universitaria di un tempo. M al di là di
sussurri senza grida, tutto tace.
Speriamo esploda un rigurgito di efficienza
imprenditoriale per creare lavoro e utilizzare questa eco molto positiva suscitata
dall’evento Expò milanese e venga messo a frutto tutto quanto è stato
investito. Però ci vorrebbe una mente
dal pronto decisionismo disposta a rischiare come Enrico Mattei, il quale
avrebbe dovuto evitare gli aerei privati anche se si sarebbe escogitato altro
per toglierlo di mezzo.
Difficile oggi trovare un uomo di tale levatura e con
la forza di carattere per imporre un progetto di valida riqualificazione.
Non sono certo gli uomini del PD tipo Marino o Orfini
ecc. in grado di emulare un Alberto Beneduce nella creazione di un nuovo polo
pubblico di iniziativa e di lavoro.
Ecco caro lettore la nostra utopica speranza in attesa
di vedere cosa succede nella ormai famosa zona di Rho alle porte di una Milano
ancora illuminata dalle luci della chiusura dell’Expò.
m.alberini@iol.it