cover blog M Alberini

sabato 17 dicembre 2011

INTERVISTA a Hans Adam II, Principe Regnante del Lichtenstein di Mariella Alberini

Pubblicato su Affaritaliani.it il 7 ottobre 2011

Alto, snello, uno stile impeccabile come l’accento oxofordiano del suo inglese, S.A.S Hans Adam II, Principe Regnante del Lichtenstein parla del suo primo saggio “Lo Stato nel terzo millennio”, edito dall'Istituto Bruno Leoni ed acquistabile on line, con il linguaggio esperto e logico di un capo di Stato. Sessantasei anni, sposato con 4 figli, negli anni settanta ha riorganizzato tutti i beni appartenenti alla Casa Regnante. Come sovrano del Liechtenstein dispone di ampi poteri, ulteriormente estesi con l'approvazione di un referendum costituzionale del 2003, indetto dallo stesso sovrano, che aveva anche minacciato di trasferirsi con la famiglia in Austria e vendere il palazzo reale a Bill Gates se la consultazione popolare avesse dato esito negativo. Il 15 agosto 2004, Hans-Adam II ha ceduto il potere di assumere le decisioni ordinarie di governo al figlio Alois, pur rimanendo formalmente in possesso del titolo di capo di stato. Il principe, presidente del gruppo bancario LGT Bank, può contare su un patrimonio personale di più di 3 miliardi di euro. Possiede anche una grande collezione d'arte, parzialmente esposta in alcuni musei di Vaduz e Vienna.

Cosa l’ha spinta a scrivere “Lo Stato nel terzo millennio”?
Negli anni Sessanta, quando stavo studiando economia e diritto, era opinione comune che i mini-Stati come il Principato del Liechtenstein e le monarchie fossero destinati a scomparire entro la fine del secolo. Ho esaminato il problema da diversi punti di vista, e sono giunto alla conclusione che, in un mondo globalizzato in condizioni di libero scambio, piccoli stati contraddistinti da economia di mercato, rule of law, democrazia diretta e una popolazione ben istruita avrebbero goduto di un vantaggio comparato rispetto a Stati più grandi e centralizzati. Sul finire degli anni Settanta capii che, in assenza di profonde riforme, l’impero sovietico sarebbe crollato politicamente ed economicamente. Temevo che questo avrebbe potuto scatenare una grande guerra europea e, pertanto, mi dedicai allo studio di possibili progetti di riforma che potessero prevenire il crollo dell’Unione Sovietica. Sfortunatamente non è stato possibile riformare l’impero sovietico ed evitarne la dissoluzione, ma per fortuna ciò non ha causato un grave conflitto in Europa.
Il processo di disfacimento che ha interessato i grandi Stati, iniziato con la dissoluzione degli imperi coloniali, non si arresterà, a meno che questi Stati non trovino la ricetta giusta per attuare le necessarie riforme. È per questo che ho deciso di scrivere un libro su questo tema non appena ho abbandonato il mio ruolo di capo di Stato. Come abbiamo potuto constatare in Jugoslavia, la dissoluzione di un grande Stato non è sempre un processo pacifico.
Nel suo libro lei afferma che lo Stato dovrebbe fungere da “fornitore di servizi”. Quale Stato nel mondo si avvicina di più al modello da lei propugnato?
Ritengo che Svizzera e Liechtenstein siano gli esempi più vicini al mio modello. Entrambi gli Stati sono contraddistinti da un’economia di mercato, dalla rule of law, da un sistema di democrazia diretta e sono politicamente decentrati. Ciò garantisce la libertà, non solo politica, ma anche economica, dei loro abitanti e fa sì che le decisioni politiche siano prese in collaborazione con la gente più vicina ai problemi che si presentano di volta in volta.
Grazie alle riforme costituzionali che ho proposto diversi anni fa e accettate da una grande maggioranza della popolazione in seguito ad una consultazione popolare, siamo andati anche oltre l’esempio svizzero. Ciascuna delle nostre undici comunità e villaggi ha il diritto di uscire dal Principato del Liechtenstein, se la maggioranza degli elettori di una determinata comunità decide di intraprendere tale passo. La popolazione ha il diritto di costituire uno Stato a sé, o di unirsi ad uno Stato esistente. Ciò garantisce che, anche in futuro, lo Stato del Liechtenstein dovrà servire il popolo, concentrandosi sui compiti che lo Stato può svolgere meglio delle comunità locali o delle imprese private. In caso contrario, lo Stato non perderebbe solo singoli individui, che emigrerebbero all’estero, ma intere comunità con il rispettivo territorio.
Scriverà un altro libro in futuro? Se sì, su quale tema?
No, non credo che scriverò un altro libro.
Dal suo osservatorio in Liechtenstein, come giudica l’attuale situazione economica degli Stati Uniti?
I problemi economici sono più o meno gli stessi in America, in Europa e in Giappone. Diversi anni fa, in seguito ai cosiddetti Accordi di Basilea II, queste potenze economiche decisero che le istituzioni finanziarie più grandi sarebbero state più o meno libere di stabilire in che modo valutare gli asset e le passività presenti nel proprio bilancio. Oltre a ciò, gli Accordi permettevano alle banche internazionali più grandi di ridurre considerevolmente il capitale proprio presente nei rispettivi stati patrimoniali. Grazie a bilanci poco trasparenti e “gonfiati” e alla riduzione dei requisiti di capitale bancario, profitti e bonus sono aumentati a dismisura, ma altrettanto può dirsi, e a maggior ragione, del rischio. Quando l’economia ha subito un rallentamento, queste grandi istituzioni finanziarie hanno dovuto essere salvate dallo Stato, con un costo esorbitante. Disgraziatamente, quegli stessi Stati che avevano spinto le istituzioni finanziarie ad espandere in misura considerevole il proprio portafoglio di prestiti e investimenti e a ridurre sempre più il capitale proprio avevano accumulato a loro volta enormi montagne di debito e si trovano adesso sull’orlo della bancarotta.
Questi Stati hanno due sole possibilità di evitare la bancarotta e ridurre il proprio debito. Una di esse è un periodo di elevata inflazione, mentre l’altra consiste nella riduzione della spesa pubblica e nella vendita di tutti i beni di cui lo Stato non ha bisogno al fine di assolvere i propri compiti. L’inflazione colpisce soprattutto la parte più povera della popolazione e, per tale motivo, come ho spiegato nel mio libro, preferisco la seconda soluzione. Una tassazione elevata non è una soluzione, giacché tende a ridurre i consumi e gli investimenti e indebolisce ulteriormente l’economia. Per giunta, la parte più ricca della popolazione può eludere più facilmente le tasse, in quanto può trasferire più agevolmente la propria base imponibile in un altro paese.
Quali sono le prospettive di rielezione del Presidente Obama?
È estremamente arduo valutarle oggi, giacché non sappiamo ancora chi sarà il candidato Repubblicano.
Come valuta le recenti proposte avanzate dal governo Berlusconi?
Non ho esaminato in dettaglio le proposte a cui lei si riferisce, ma sono persuaso che l’Italia abbia bisogno di attuare profonde riforme nello spirito di quelle che delineo nel mio libro. Non ho ancora visto, né in Italia, né in altri Stati alle prese con una crisi economica e politica, proposte di riforma che vadano abbastanza a fondo.
Come giudica l’attuale situazione di Tunisia ed Egitto dopo la cosiddetta Primavera Araba?
Esiste quanto meno la speranza che sia possibile introdurre le necessarie riforme in campo economico e politico. Nondimeno, la strada che condurrà questi Stati a divenire economie di mercato caratterizzate da rule of law, decentramento politico e democrazia diretta sarà molto lunga. Non si deve dimenticare che, per gli Stati dell’Europa orientale il cammino dopo il crollo dell’impero sovietico è stato assai più agevole, in quanto la loro popolazione era già sufficientemente istruita e questi paesi sono stati rapidamente integrati nell’Unione Europea, ossia in un sistema avente una vasta economia di mercato e uno stato di diritto.
Pensa che sia possibile esportare una qualche forma di democrazia in Libia dopo il termine della guerra civile?
Sì, a patto che non vengano ripetuti gli errori commessi ogniqualvolta una ex-colonia in Africa, Asia o America Latina ha raggiunto l’indipendenza. Il modello esportato nel corso degli ultimi duecento anni da Europa e Stati Uniti nelle ex-colonie si è basato su una democrazia rappresentativa o indiretta e uno Stato centralistico. Credo che sia difficile costruire dall’alto una democrazia ben funzionante. È necessario costruirla dal basso, istituendo una democrazia rappresentativa e diretta a livello di città e di villaggio. Pertanto è necessario decentrare il potere politico.
Quali sono le sue previsioni economiche per i prossimi due anni?
Sarà necessario del tempo per ricapitalizzare le istituzioni finanziarie e ridurre il debito degli Stati. Di conseguenza credo che, almeno nel mondo sviluppato, per i prossimi due anni avremo solo una modesta crescita economica o addirittura una recessione.
Come vede il futuro del dollaro e dell’oro?
Nei mercati mondiali esiste una forte liquidità accompagnata da una notevole incertezza e, pertanto, probabilmente assisteremo a forti fluttuazioni del valore del dollaro e dell’oro.
Altezza Serenissima, che opinione ha della situazione italiana?
Penso che l’Italia sia sempre stata un paese contraddistinto da crisi economiche e politiche e da veri e propri miracoli. Per questo credo che vi sia motivo di essere ottimisti in merito al vostro paese.